Chi crede più, ai giorni nostri, che un gran romanzo possa sovvertire l’ordine sociale? Nella società aperta del nostro tempo ha attecchito un’idea del romanzo in particolare, e della letteratura in generale, come una forma (se si vuole, superiore) di intrattenimento.
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Ma nelle società chiuse, di qualunque natura, siano religiose o politiche, succede la stessa cosa? In questo, fascisti, comunisti, fondamentalisti religiosi e dittature militari terzomondiste sono identici: tutti sono convinti che la finzione non è, come si crede nelle ingenue democrazie, un mero divertimento, bensì una mina intellettuale e ideologica, che può esplodere nello spirito e nell’immaginazione dei lettori, trasformandoli in ribelli e dissidenti.
La letteratura, una volta che in una società vengono recise tutte le vie attraverso le quali i cittadini possono esprimere le loro opinioni, i loro aneliti… si carica automaticamente di significati che superano quelli strettamente letterari e passano a essere politici.
I lettori leggono i testi letterari tra le righe e vedono, o vogliono vedere in essi, quello che non trovano nei mezzi di comunicazione trasformati in organi di propaganda: le informazioni trafugate, le idee proibite, le proteste e i dissensi impediti.
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Non c’è maniera di dimostrare che I Miserabili abbiano fatto avanzare l’umanità neanche di qualche millimetro verso quel regno di giustizia, della libertà e della pace verso il quale, secondo la visione utopica di Victor Hugo, si incammina l’umanità. Ma non esiste neanche il minimo dubbio che I Miserabili sia una di quelle opere che nella storia della letteratura più hanno fatto desiderare a uomini e donne di tutte le lingue e culture un mondo più giusto, più razionale e più bello di quello in cui vivevano.
Mario Vargas Llosa (premio Nobel 2010 per la letteratura), Elogio della lettura e della finzione.